L’anno appena trascorso lo ricorderemo, soprattutto, per la pandemia causata dal Covid 19. Un cataclisma che ha colpito ogni angolo del pianeta. Che ha stravolto e sconvolto l’intera popolazione mondiale. Eventi di una simile portata si caratterizzano anche per il primato che induce ad “unire” i popoli, poiché li accomuna e li avvicina con vissuti pressoché simili: paura, sgomento, insicurezza, tristezza, dolore, angoscia, panico. Qualche settimana fa mi sono imbattuta nel docufilm Life in a day 2020, diretto da Kevin MacDonald e prodotto da Ridley Scott: un lavoro estremamente interessante, realizzato con i contributi video di persone di ogni angolo di mondo, che raccontano la loro giornata del 25 luglio del 2020. Si tratta di testimonianze potenti, che fotografano spaccati di vita e di emozioni che li caratterizzano: la gioia per una nascita, la tristezza per la perdita di una persona cara, la speranza per una proposta di matrimonio dall'esito incerto, la gratificazione per l’aiuto dato e per quello ricevuto, l'eccitazione per una nuova sfida, il coraggio necessario per mostrarsi all'altro con autenticità. Emozioni di vita quotidiana, concentrate in un giorno di un’epoca difficile e complessa caratterizzata dalla pandemia mondiale, che ha tristemente unito i vissuti di moltissime persone. Considero questo docufilm straordinariamente bello e importante perché dimostra, chiaramente, che esiste un filo comune fatto di vissuti e di esperienze più o meno vicine e simili alle nostre, che ci lega, ci avvicina, ci accomuna. Perché dimostra che anche se calpestiamo un terreno diverso, siamo tutti sotto lo stesso cielo. E, se in un periodo in cui ci viene chiesto di rinunciare - per la nostra e per l’altrui salute - alla socialità e ai rapporti interpersonali così come li abbiamo sempre concepiti, pensassimo di più a questo filo comune che unisce i nostri vissuti, forse ci sentiremmo meno soli. Buona visione. dott.ssa Carmen Furci
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In Italia, la disuguaglianza di genere continua ad essere una delle questioni più urgenti da trattare e risolvere. Il nostro paese è infatti all'ottantaduesimo posto per le differenze di genere, e le distanze tra uomo e donna continuano ad essere sempre più profonde e radicate. Sempre più marcate, penalizzando da donna in ogni ambito: economico, sociale e politico. Le Nazioni Unite puntano a raggiungere la parità di genere entro il 2030, ma operare quotidianamente per combattere la discriminazione è un compito che spetta ad ogni uomo ed ogni donna. Costantemente. Fanpage.it ha organizzato una gara con sei uomini e sei donne, ma prima di dare il via, li ha riposizionati in base alle discriminazioni che vivono ogni giorno. Quali saranno le posizioni finali? Donne e uomini saranno sulla stessa linea? Ripropongo il video realizzato da Luca Iavarone, perché "rendere visibile il divario, è il primo passo per colmarlo". dott.ssa Carmen Furci «Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull' età,
dopo l' estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità... Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità...» Le parole di Guccini, contenute nella bellissima “Canzone dei dodici mesi”, mi spingono ad una riflessione: e se a settembre, al rientro dalle vacanze, si cambiasse prospettiva? Se provassimo cioè a considerare questo periodo, non più solo una fonte di stress e di faticosa ripresa delle attività quotidiane, ma invece un’opportunità di ripartenza e di cambiamento? Una possibilità, appunto. Mi spiego meglio: settembre e la fine delle vacanze estive, rappresentano generalmente un periodo complesso, che si fronteggia con fatica. Tornare alla routine quotidiana sembra, molto spesso, un’impresa “titanica”. Subentrano diverse sensazioni ed emozioni: si prova nostalgia per i luoghi e per le persone e malinconia per le sensazioni di benessere e spensieratezza che si è vissuti e che sembrano ormai solo un lontano ricordo. Si dorme con difficoltà, ci sentiamo stanchi e assonnati e quindi, di conseguenza, facciamo fatica a concentrarci, siamo di cattivo umore, ci sentiamo disorientati e astiosi nelle relazioni. Al rientro in città, la serenità del relax lascia il posto alla tristezza del ricordo. E quello che più ci spaventa, non è tanto il fatto di non essere più in vacanza, quanto l’idea e la consapevolezza di dover tornare alla routine quotidiana, fatta, spesso, sempre delle stesse, identiche, cose. Ma se invece di farci travolgere dalle sensazioni negative, si sfruttasse questo momento per aggiungere nella nostra vita una nota positiva di cambiamento? Non è impossibile. Anche perché non sempre si deve rivoluzionare e stravolgere tutto per cambiare: a volte, basta semplicemente “indossare un paio di occhiali diversi”. Se, ad esempio, “allenassimo” la nostra curiosità? abbiamo sempre avuto la passione per il teatro o ci imbattiamo, per caso, in una locandina di un corso di recitazione che ci attrae? Magari stavolta ci proviamo sul serio. Se, ad esempio, ci guardassimo intorno con maggiore interesse, scegliendo posti nuovi e sempre diversi per fare una passeggiata, per scoprire un quartiere della nostra città che abbiamo visto solo di sfuggita del finestrino dell’auto? I se potrebbero essere i più variegati, ma lo scopo ultimo sarà sempre lo stesso: bisogna ascoltare questo “malessere” da rientro e provare a capire cosa ci vuole comunicare. L’attesa frenetica delle ferie infatti ci comunica che abbiamo voglia e bisogno di fare cose nuove, di rilassarci o di impegnarci in attività diverse. Lo stress post-vacanza, spesso invece ci può voler comunicare che abbiamo bisogno di cominciare ad occuparci di noi. Che forse è giunto il momento di riflettere e valutare quello che ci piace e quello che non ci piace della nostra vita e iniziare, eventualmente, a pensare a come cambiarlo. Un’occasione appunto. Una possibilità, come diceva Guccini. Ed ognuno ha la sua. Dott.ssa Carmen Furci, psicologa e psicoterapeuta Durante la mia formazione, un docente mi fece soffermare sull'importanza del respiro: «non trattenere, ma senti il movimento del respiro» mi disse. Concentrarmi sul respiro, mi ha insegnato a dare maggiore attenzione alle cose, a soffermarmi su quello che sto pensando, sentendo e facendo. Non sempre però riesco a farlo. Spesso, complice la frenesia della vita quotidiana, me ne “dimentico”: vado di fretta, faccio troppe cose, devo processare molti pensieri e dare significato a quello che ho intorno. Ed è proprio questo il momento in cui realizzo che "avrei proprio bisogno di una pausa". Ci sono molteplici modi per riposarsi: dormire, rilassarsi su una spiaggia, visitare un museo, guardare la propria serie tv preferita, e altre infinite modalità. Quello che conta però non è il modo: la cosa importante è l’intenzione di fermarsi, respirare e occuparsi al meglio di noi stessi, per “ricaricare il nostro carburante interiore”. Quindi, l’invito che mi rivolgo e vi rivolgo è: troviamo del tempo per noi stessi, per osservare meglio quello che ci sta intorno e andare e alla ricerca della nostra “pausa” ideale. Lo studio rimarrà chiuso dal 7 al 26 agosto, per la mia “pausa” ideale. Buona vacanze! Non si dovrebbe mai avere così tanto da fare da non avere tempo per la riflessione.
Georg Christoph Lichtenberg La piramide è una raffigurazione che viene utilizzata con frequenza in diversi ambiti. In psicologia, la più nota è la piramide dei bisogni di Abraham Maslow. ma non è certamente l’unica. Qualche giorno fa mi sono imbattuta ad esempio in un’altra rappresentazione piramidale molto interessante – frutto probabilmente dell’esperienza personale dell’autrice - che voglio condividere perché raffigura in maniera creativa una scala gerarchica dei bisogni per la salute mentale. Un sistema originale, attraverso il quale l’autrice spiega di cosa e in che misura potremmo avere bisogno per stare bene. Scrive: “Crazyheadcomics sta creando arte per la consapevolezza della salute mentale”. E infatti, gli elementi indicati nella piramide rappresentano indubbiamente, seppur in maniera diversa da persona a persona, fattori di benessere mentale. Non ci sono regole precise che valgono per tutti, ma leggendo gli elementi che l’autrice inserisce credo che ognuno di noi possa trarre beneficio considerando nel proprio quotidiano tutti o parte di essi. La piramide non vi convince? Allora provate a cambiare l’ordine e la priorità degli elementi come meglio credete. Aggiungetene degli altri se lo ritenete opportuno. E se qualcuno vi è rimasto dentro, è perché forse è proprio quello di cui avete bisogno in questo momento! Buona creazione della vostra piramide personale! Dott.ssa Carmen Furci, Psicologa Credo sia fondamentale dedicare il primo articolo di questa sezione all’immagine di copertina del sito: cinque denti di leone, noti anche come soffioni, di colori diversi. Non è una scelta casuale: il soffione rinasce dopo l’inverno nella sua semplicità e caparbietà. Scrisse Walt Whitman: "semplice, fresco, gentile emergendo sul finir dell’inverno, quasi mai non vi fossero stati artifici di moda, affari, politica, dall’angolo solatio, annidato nell’erba dorato, innocente, come l’alba tranquillo, il dente di leone, il primo di questa primavera, ci mostra il suo volto fidente". In molti e in età diverse, vedendo questi piccoli fiori sparsi nei campi, li abbiamo raccolti, c’abbiamo soffiato sopra e abbiamo guardato i delicati semi bianchi volare via e disperdersi nell’aria, lontano. Il dente di leone è un fiore che si trasforma. Inizialmente i semi sono saldamente legati gli uni agli altri, poi però, piano piano, cambiano colore e forma: da gialli diventano bianchi, si assottigliano e divengono più leggeri, fino a distaccarsi e quindi diffondersi in ogni direzione. Ecco, il dente di leone che si trasforma e si libera nell'aria, senza barriere, in ogni direzione, è il senso dell’immagine di copertina: l’inizio di un viaggio verso la trasformazione e il cambiamento della persona. Perché se è vero che nella nostra vita attraversiamo diversi periodi e viviamo situazioni sempre differenti, è vero anche che ognuno di noi può trovare il modo di dare senso e significato alla propria realtà. Spesso la strada da percorrere appare chiara e definita, altre volte, invece, risulta complessa e articolata, piena di incroci e bivi. Altre volte ancora sembra un vero e proprio labirinto. Che direzione prendere? Cosa fare in questi momenti? Un adeguato percorso terapeutico può portare alla consapevolezza che esistono vie in grado di condurre ad una migliore accettazione di sé stessi. Ma per raggiungere questa consapevolezza bisogna mettersi in gioco ed essere disposti a sperimentare il cambiamento. Non esistono ricette magiche o formule segrete: il percorso da seguire è in qualche modo segnato dentro di noi, grazie alla nostra tendenza attualizzante. Inauguro questa sezione quindi con un buon proposito: proviamo a volare, come i semi leggeri del dente di leone, verso la “nostra meta”, riscoprendo la bellezza del viaggio inteso come un percorso che arricchisce la nostra esperienza di vita, per giungere alla scoperta di noi stessi. dott.ssa Carmen Furci, Firenze |
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