Maria Antonietta Gulino, presidentessa dell'Ordine degli psicologi della Toscana, è preoccupata: "Stavolta non possiamo solo dire alle persone di stare a casa, c'è un disagio che va combattuto" “Stavolta non possiamo solo dire alle persone fate la pasta o i dolci, dedicatevi alle pulizie, fate quello che non avete mai fatto ma state a casa. Magari in smart working e con due figli da gestire in 60-70 metri quadri. Le persone stanno male e la pandemia oltre a essere sanitaria ed economica è già da tempo psicologica. E lo sarà sempre di più”. A lanciare l’allarme è la dottoressa Maria Antonietta Gulino, presidentessa dell'Ordine degli psicologi della Toscana. “State a casa” è l'invito che è tornato ad essere pronunciato dagli scienziati e dalle istituzioni in queste settimane. Per limitare il più possibile le occasioni di contagio e cercare di contenere il virus. Una condizione, questa, già sperimentata prima dell’estate, durante il lockdown. Ma che, complice la ripresa vigorosa del virus e la sovrapposizione con la stagione influenzale, si sta facendo di nuovo spazio. Come fare allora per mitigare le influenze negative di quella che certo non è “una condizione naturale”? “Siamo in una fase diversa dell'epidemia e del nostro stato d'animo. Non c’è un'unica ricetta - spiega la psicologa - bisogna incentivare le persone da un lato a essere responsabili, rispettando le norme che garantiscono la sicurezza della comunità e la nostra, in quanto membri della comunità stessa (gel, mascherine e distanziamento). Mentre dall’altra bisogna stimolarle a coltivare, in una dimensione nuova che è quella digitale, la loro parte relazionale, sociale”. Un esempio? “Giocare a burraco online, in videochiamata con gli amici, se si era abituati a farlo prima. Magari guardare lo stesso film e poi discuterne in chat tutti insieme. Dedicarsi a progetti e idee creative, che ci aiutino a non rendere tutte uguali le giornate”. “Ovviamente - avverte la dottoressa Gulino - la relazione digitale non potrà mai sostituire quella in presenza. Ma si tratta di una soluzione provvisoria”. “E - continua - da questo discorso sono escluse le persone più fragili e quelli che in prima linea fronteggiano il Covid-19: ovvero medici, infermieri e operatori sanitari. Per loro c’è bisogno di maggiore supporto e assistenza psicologica. E subito. Per evitare, in futuro, di incorrere in traumi difficili da curare e in grado di creare un'onda lunga di grande depressione psicologica”. Perché se il primo stop di marzo, ha generato nei cittadini “grossa ansia, attacchi di panico e paura che in molti hanno somatizzato, chi con cefalee chi con altri malesseri” adesso i nemici si chiamano “rabbia” e “depressione”. “Rispetto ai mesi scorsi paura e ansia sono sentimenti che stanno sullo sfondo. Ora c’è molta più confusione, anche ingenerata dai continui cambi di regole a cui siamo sottoposti, e molta incertezza. Soprattutto economica e per il futuro. Abbiamo poi accumulato un certo tipo di vissuto e una stanchezza di cui portiamo il peso”.
Non a caso, questa estate, in Toscana come nel resto d'Italia la richiesta di supporto e sostegno psicologico è aumentata, come mai prima d’ora. “Ma non tutti possono permettersi la psicoterapia privata. Specialmente quelle fasce di popolazione che ne avrebbero più bisogno ma devono fare i conti con i contraccolpi economici della pandemia” ricorda Gulino che lancia un appello alle istituzioni regionali e nazionali: “I nostri servizi territoriali sono sotto organico da tempo. Oltre a medici, infermieri e operatori sanitari reclutiamo anche psicologi”. Di Carmela Adinolfi su firenze.repubblica.it
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AuthorCarmen Furci Archives
Dicembre 2020
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